La sorpresa di Livorno: ecco cosa c’è dietro la vittoria del sindaco Salvetti già al primo colpo

Appunti per capire quel che è cambiato dopo il patatrac del 2022 che aveva visto la sinistra rimanere senza nemmeno un parlamentare del territorio. La lista civica di Raspanti diventa la terza forza politica della città. Eppure sia lui che Lenzi…

di Mauro Zucchelli

C’è un “segreto di Pulcinella” dietro il successo elettorale di Luca Salvetti addirittura al primo turno ed è il fatto che il centrosinistra si è presentato come un arcipelago “plurale”: benché Salvetti sia un “senza tessera”, è evidente che lo schieramento sia a guida Pd, ma stavolta le liste collegate non hanno fatto la figura dei “cespuglietti” insignificanti. Anzi, la lista dell’assessore Andrea Raspanti (Livorno Civica) ha sorpassato pure il M5s ed è la terza forza uscita dalle urne con l’8,3%, ok anche l’altro gruppo sotto le insegne di “Protagonisti” capitanati dall’ex assessore Simone Lenzi, che con il suo 4,6% è giusto alle spalle dei Cinque Stelle.

Al tirar delle somme, le liste extra-Pd hanno portato a casa più di un voto su tre (35%) di tutto il bottino elettorale del centrosinistra, che include i quattro punti percentuali dell’Alleanza Verdi Sinistra e un altro punto e qualcosa dei riformisti (socialisti, renziani, ecc.). Cinque anni fa questa galassia politica extra-Pd aveva pesato la metà di oggi (17%), e nel 2014 con Ruggeri candidato pure meno (13 punti e spiccioli).

Guai a dimenticarci che il Pd aveva alle spalle il patatrac che l’aveva portato a perdere qualsiasi rappresentanza parlamentare del territorio nell’elezione-disastro del 2022: con il Pd sotto il 28% e più di 23 punti percentuali da andare a scovare chissà come per evitare di perdere anche il sindaco…

Il “salvettismo” sta all’incrocio di questo civismo all’ombra del Pd. Raspanti si mette alla prova del voto e diventa il terzo più votato di tutto il centrosinistra (dopo i dem Enrico Bianchi e Pietro Caruso). E questo nonostante fosse sembrato che ci si fosse mossi fuori tempo massimo, solo a ridosso della presentazione delle liste, senza dar corpo cioè a realtà autonome che magari si distinguessero dal Pd là dov’era più in difficoltà, a cominciare dai temi della pace. Da non dimenticare comunque che Raspanti aveva alle spalle la soluzione, da molti ritenuta impossibile, dell’occupazione della torre della Cigna nella più clamorosa delle occupazioni che l’una dopo l’altra hanno caratterizzato la giunta precedente.

Nelle liste extra-Pd si contano ben undici persone al di sopra delle cento preferenze personali, mentre in quelle del partito propriamente detto balza agli occhi l’exploit delle forze giovani: Lorenzo Midili, Giulia Guarnieri e Bintou Mia Diop, forse si potrebbe inserire anche Valerio Bred Ferretti, dunque tre o quattro fra i primi sei nelle scelte dell’elettorato. Inutile dire che questo peserà nella fisionomia della pattuglia dei consiglieri di maggioranza.

Da aggiungere anche il peso di quel che, parlando del voto livornese alle europee, ho chiamato l’ “effetto anti-Giorgia”: anche perché l’ultima volta che avevamo votato ci eravamo trovati con le destre già in testa in una buona fetta di città. Un seggio su sette, e non nei quartieri-bene: al contrario, che si fosse manifestata solo recentemente o avesse radici più lontane, fatto sta che gli abitanti di tutta una fascia che da via Sant’Andrea arriva fin quasi al monumento dei Quattro Mori, toccando anche aree come piazza Venti Settembre, erano arrivati alle più complicate elezioni dal dopoguerra in qua potendo contare su una base di consensi più alta di quella del centrosinistra. Adesso gli anticorpi sono entrati in azione, e se prima c’era anche chi nell’ex rossa Livorno sperava che Meloni arrivasse a dare una sterzata, adesso che è al governo mette in moto la reazione opposta. Almeno a Livorno, dove diversamente che nella gran parte del Paese il suo partito ha perso quota (anche se, detto per inciso, Marcella Amadio torna per la terza volta a essere la candidata più votata).

Parlavo prima di una “proiezione esterna” ha caratterizzato la coalizione creata attorno al partito più organizzato del territorio (ma se pensassimo a cos’era anche in un passato senza dinosauri…). Paradossalmente ha pesato meno, invece, nel fronte che per motivi tattici si è presentato agli occhi degli elettori con il volto di un civismo attorno a una figura moderata e senza una connotazione ideologica marcata com’è Alessandro Guarducci. Benché fosse un’operazione con la regia del centrodestra, aveva trovato sponda nei centristi di Calenda e in altre figure non riconducibili a destra ma insofferenti verso l’egemonia della sinistra: puntava ad aggregare varie componenti nel nome di una svolta innovatrice «contro il conservatorismo Pd». Ma le vecchie abitudini della destra locale sono saltate fuori e la vicinanza dei partiti si è fatta sempre più sentire: al punto che infine più che le virtù di un civismo moderato ci si è presentati come il miglior canale per avere un filo diretto con il governo Meloni. Risultato: i tre principali partiti di destra hanno totalizzato 13mila voti, il quadruplo della lista civica del leader che era il pilastro centrale del fronte (con l’appoggio di Azione-Calenda). E dunque ha incamerato il 18% dei voti del fronte di centrodestra e dintorni.

Resta da dire del cosiddetto Primo Polo: non bastano le denominazioni ambiziose per mettere legna sul fuoco, così com’è accaduto al Terzo Polo di Renzi-Calenda che anche quando stavano insieme erano tutt’al più il Quarto (il “campo largo”, se mai esistesse, era di là da venire). Se fosse Barale fosse riuscita ad andare al ballottaggio, per Salvetti sarebbe scattata la trappola della “tenaglia”: pur di affondare Salvetti, l’elettorato di centrodestra forse non avrebbe guardato tanto per il sottile e sarebbe stato magari disponibile a votarla; un po’ più complicato fare viceversa, ma in politica mai dire mai. In effetti, nei primi minuti di spoglio Salvetti restava sotto il 45% e Barale contendeva centimetro per centimetro a Guarducci la possibilità di andare alla sfida finale. Poi si è visto com’è andata.

Buongiorno Livorno è nata in vista delle elezioni del 2014 e già in quella circostanza aveva portato a casa quasi il 9% (in un fronte con Raspanti leader che aveva superato il 16%). Cinque anni fa era stata la volta con Marco Bruciati candidato sindaco: aveva vinto il ruolo di possibile alleato decisivo perché il suo 14,3% avrebbe potuto  giocarselo dalla parte di Salvetti, invece pensò di aver perso e invece di negoziare su programma e pesi, si ritirò in disparte e il suo elettorato gonfiò ugualmente le vele di Salvetti (con Buongiorno che anche allora valeva attorno al 9%).

A forza di far fuori i propri punti di riferimento, si è ritrovato adesso a essere a malapena l’ottava forza elettorale della città. Soltanto tre candidati al di sopra della soglia delle cento preferenze, segno che ora c’è un evidente problema anche del “chi”: i candidati buongiornini sono stati superati perfino dalla capacità di Aurora Trotta e Vittorio Cateni di ottenere consensi personali in Livorno Popolare con la metà dei voti. E a poco sono servite le intese con Prospettiva Livorno (che pure aveva al proprio interno figure come Pino Pera e Carlo Mazzerbo) e con Cannito. Neppure è risultata vincente l’alleanza con i Cinque Stelle: quasi al 17% con Stella Sorgente front-runner sia alle politiche di due anni fa sia alle comunali del 2019, ora meno della metà (7,9%).

Nelle foto, dall’alto: il sindaco riconfermato Luca Salvetti (da iltirreno.it) ; il sindaco livornese Luca Salvetti dopo l’annuncio della vittoria (da Livornotoday.it); l’ex assessore Andrea Raspanti insieme all’ex consigliere comunale Valerio Vergili; insieme a Nicl,a Zingaretti, ex numero uno dem, un gruppo di giovani del Pd con la maglietta “Eccoci” ripresa da una celebre prima pagina dell’Unità con Berlinguer

4 risposte a “La sorpresa di Livorno: ecco cosa c’è dietro la vittoria del sindaco Salvetti già al primo colpo”

  1. Avatar angeloromace0805db52
    angeloromace0805db52

    Analisi attenta e precisa e devo aggiungere obiettiva, degna di un “vecchio” giornalista, al quale le innumerevoli analisi fatte sul porto di Livorno, evidentemente “andavano strette”

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  2. Grazie Mauro per la tua analisi che, come sempre, sa mettere in fila i dati del presente e del passato con lucidità.

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  3. Sono sempre contento quando un sindaco è eletto al primo turno.Il ballottaggio, che fa diventare decisivi quelli che hanno perso, è l’antitesi della democrazia.

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  4. buona analisi del voto. Rimangono in sospeso però i giudizi sull’azione amministrativa perché una lettura seria dello stato della città e stato eluso da tutti per puntare su battaglie quasi ideologiche, si pensi ad esempio all’ospedale mentre proposte serie di politica per recuperare degradi sociali ed economici localizzati non ce ne sono da nessuno

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