Prima le vecchie glorie, poi le superstar trentenni, ora anche i baby talenti e perfino la firma dell’ex ct azzurro Mancini. Il prepotente shopping da parte dei sauditi può ridurci al rango del Sudamerica: far nascere talenti che andranno a far divertire il pubblico altrove. Sorpresa: i club italiani spendono più di tutti, Premier esclusa
di Mauro Zucchelli
La palla è rotonda e lo è anche il pianeta: e in quest’estate curiosa sembra che le logiche dell’una abbiano finito per riguardare gli equilibri dell’altro. È quel siamo andati raccontando qui (https://ilmediterraneo.blog/2023/08/22/macche-ricchi-scemi-ecco-come-gli-sceicchi-ci-stanno-portando-via-il-calcio-e-noi-gli-abbiamo-spalancato-le-porte/) e, qualche mese fa, con meno pallone e più mattone, anche qui (https://ilmediterraneo.blog/2023/04/25/ho-visto-il-futuro-e-1-di-sceicchi-e-di-ultragrattacieli-di-soldi-e-di-fanta-architetture/) e qui (https://ilmediterraneo.blog/2023/04/25/ho-visto-il-futuro-e-2-il-fascino-discreto-dellautoritarismo-e-loccidente-rischia-di-essere-il-passato/). Per dire che è in corso una partita più nel quartier generale della Fifa che sul rettangolo di gioco del Santiago Bernabeu o del Maracanà: tramite il potere del pallone ridisegnare il ruolo che hanno gli stati del Golfo dentro gli equilibri di un mondo scosso dalla guerra (ma anche dall’incapacità di costruire la pace e dalla fascinazione per le post-democrazie sempre più autoritarie che offrono più sicurezza in cambio di meno libertà).
Roberto Mancini non è mai stato simpatico come Totò e io non ho i titoli per giudicarne i risultati: la “striscia” di 37 gare utili consecutive è la più lunga di tutti i tempi per una nazionale di calcio, e questo è un fatto, ma lo è anche la conquista del mitico Europeo grazie a una doppia lotteria dei rigori e dopo una qualificazione ottenuta per via del gol di Arnautovic annullato all’Austria (giustamente ma per un fuorigioco di pochi centimetri). Altrimenti ci ricorderemo solo il fallimento bis della qualificazione ai mondiali del Qatar e la delusione in Nations League. Curioso, semmai, che l’avventura azzurra del ct di Jesi fosse iniziata proprio con gli azzurri in campo contro l’Arabia Saudita.
Ma smettiamola di far finta di capirne qualcosa dal punto di vista tecnico: se torno sull’argomento calcio nella geopolitica del Potere a distanza di pochi giorni è per segnalare che l’annuncio di Mancini alla guida della nazionale saudita dovrebbe averci aperto gli occhi. Non solo lui ma l’intero staff fa la valigia con lui (quasi intero se è vero che Evani ha rifiutato l’idea e Oriali ha detto che ci vuol pensare), e per cifre che sono fino a otto-dieci volte quelle che guadagnavano in Italia: giusto prendersela perché i soldi non sono tutto ma se venissero a promettervi uno stipendio di 300-400mila euro al posto della vostra busta paga attuale? L’operazione Mancini dice molto ma l’acquisto di Gabri Veiga, classe 2002, da parte del club saudita dell’Al Ahli che ha messo sul tavolo uno stipendione da 12 milioni annui per lui e il pagamento della clausola rescissoria da 40 milioni. Per capirci: un giovane prodigio (che ha ancora da dimostrare di essere un fenomeno, visto che ha giocato solo un paio di campionati nella serie A spagnola in una squadra che potrebbe essere l’equivalente di una Udinese o d’un Sassuolo) accetta la corte saudita e rifiuta un club come il Napoli che ha vinto lo scudetto e giocherà la Champions.
Questa seconda storia parla ancora più chiaro. Per almeno due motivi. Il primo dice che non è vero che se ne va a giocare nel calcio degli sceicchi solo chi è sul viale del tramonto: dei 25 giocatori più illustri acquistati in questo round di calciomercato ben 15 non arrivano a trent’anni, e la metà di questi stanno fra i 21 anni di Gabri Veiga e i 26 di Malcom, Ruben Neves e Allan Saint Maximin (non sarà la primissima fascia da superstar come Jude Bellingham, l’ultratalento britannico appena ventenne comprato dal Real Madrid, ma poco ci manca). E la seconda ragione? In questa commedia recitano una parte rilevante i procuratori: sarà forse per mascherare le colpe della dirigenza del Napoli ma il gossip attorno al flop su Gabri Veiga spiega che il procuratore la trattativa con gli arabi l’ha fatta soprattutto per sé. È un episodio? Forse no: gli intermediari lucrano sul trasferimento, mica sulle permanenze. E il tourbillon di trasferimenti serve a incassare commissioni ma anche a poter imbastire il valzer delle plusvalenze.
Le prossime mosse? C’è un filo rosso che lega N’Golo Kante e Benzema: è la comune appartenenza musulmana. Non è escluso che il richiamo potrebbe suonare anche per Pogba o Gundogan, entrambi islamici, e soprattutto Salah, il fenomenale attaccante del Liverpool. Proprio quest’ultimo era stato al centro delle attenzioni dei club sauditi ma mister Klopp ha chiuso a chiave ogni porta.
Tornerò sul lato oscuro di Sua Maestà il Pallone. C’è anche qualcosa di peggio, e metto in fila qualcosa come assaggio tanto per far capire a cosa mi riferisco. No, non è più un giochino per ricchi scemi. Qui lo spiega un giornale online anti-mafia (https://www.antimafiaduemila.com/home/terzo-millennio/232-crisi/80871-il-riciclaggio-di-denaro-dietro-il-calcio.html), qui Open di Enrico Mentana dà conto di una inchiesta di Al Jazeera sulla zona grigia attorno al pallone (https://www.open.online/2021/08/09/calcio-inglese-inchiesta-al-jazeera/). Ma soprattutto vale la pena di leggersi il dossier dell’équipe degli 007 anti-riciclaggio del G7, cioè gli stati più industrializzati (https://www.fatf-gafi.org/content/fatf-gafi/en/publications/Methodsandtrends/Moneylaunderingthroughthefootballsector.html).
È un ragionamento che ci porterebbe lontano, forse lontanissimo. Riassumibile su tre fronti: 1) toglietevi dalla testa l’idea del calcio di una volta con i presidenti che compravano i club per far figura la domenica allo stadio o comunque regalarsi un giocattolino da ricchi; 2) come tutte le transazioni in cui la quotazione non è facilmente dimostrabile, è il posto giusto per chiunque abbia bisogno di una “lavanderia” per soldi fatti troppo alla svelta e in modo troppo spericolato; 3) lo sport globalizzato, e in particolare il calcio, ha il potere di coinvolgere grandi masse, trasformarle come spettatori e mobilitarle all’occasione dietro il principe, e può diventare uno strumento di governo. Varrebbe la pena dare un’occhiata alle analisi che il sociologo Pippo Russo pubblica sul quotidiano “Domani”. Ma c’è da chiedersi: è realisticamente possibile smantellare questo “circo”? La risposta ve la date da soli: nessuno di noi farebbe la fila per andare a vedere le partitelle della squadra del quartiere. C’è una bella differenza nella qualità tecnica dello spettacolo e il senso d’appartenenza comunitaria ha nel calcio popolare del Lebowski a Firenze una straordinaria esperienza senza molti eguali. E non solo per un complotto delle multinazionali o della Fifa.
Una tabella costruita sui dati di Transfermarkt aggiornati al 27 agosto indica con chiarezza quali flussi finanziari tengono in piedi il baraccone mondiale del calcio. A cominciare dal fatto che le società della Saudi Pro League, il campionato dell’Arabia Saudita, hanno speso fra luglio e agosto più di 845 milioni di euro. Quasi cento in più rispetto alla serie A italiana. Assai di più rispetto alla Ligue 1 francese e alla Bundesliga tedesca (finora attorno ai 685 milioni entrambe). Quasi quanto il campionato spagnolo (397 milioni), quello olandese (176), quello portoghese (170) e quello belga (113) messi insieme. Ma con una differenza: le cessioni saudite sono minime (neanche 28 milioni).
Solo la massima serie inglese ha fatto shopping di calciatori più dei sauditi: ma la Premier League può permettersi di spendere quasi due miliardi e mezzo intanto perché ne incassa la metà per via delle cessioni: il salto resta in rosso per oltre un miliardo di euro ma se lo possono permettere a motivo del valore economico enormemente differente di diritti tv, sponsorizzazioni e commercio di materiale sportivo. Nel caso della Saudi Pro League c’è una emorragia di 818 milioni di euro che si può reggere solo per ragioni che con lo sport non hanno nulla a che fare: il fondo sovrano ha un patrimonio quasi mille volte tanto questo esborso pure enorme e l’investimento nello sport di cui in questo blog, come detto, ho già parlato assomiglia alla scelta del governo sudcoreano di destinare fondi ingentissimi alla promozione del K-Style nel mondo (con effetti sull’esplosione musicale del K-pop o di film Oscar come “Parasite”). Ecco quest’ultima cosa è quel che manca ai sauditi: hanno bisogno di “campioni” anche nella musica pop, nel cinema e nei bestseller in libreria. Solo che sarebbe indispensabile un po’ più di libertà…
È un fenomeno di quest’anno: la “sirena” dei contratti d’oro dei sauditi esisteva già ma lo scorso anno gli acquisti non erano arrivati a 44 milioni di euro, e la Saudi Pro League era finita al 20° posto nella classifica internazionale dello shopping dei calciatori.
Dalla tabella 2023 invece emerge che i due miliardi di euro in uscita da lega inglese e lega saudita tengono in piedi i conti del pallone nel resto del mondo. Perfino il campionato francese (del Psg) e quello tedesco (del Bayern) quest’estate vendono più di quel che comprano, ancor di più la serie A italiana. Ma Luca Vaciago, direttore di Tuttosport, mette il dito nella piaga: noi del calcio europeo diventeremo come il Sudamerica? L’esempio è calzante: l’Argentina e il Brasile fra luglio e agosto hanno comprato ciascuno giocatori per 60-70 milioni e venduto per circa 150). E se allarghiamo lo sguardo agli ultimi dieci anni, ecco che il Campeonato brasileiro Série A ha tirato fuori 1,07 miliardi per comprare giocatori e la Superliga argentina quasi 670 milioni ma in ambedue i campionati gli introiti da cessioni sono stati più del doppio. E stiamo parlando di due scuole e culture sportive che hanno fatto la storia del pallone nel nostro pianeta: il Brasile il più titolato, l’Argentina l’attuale campione del mondo.
In Europa, nella divisione internazionale del lavoro nel mercato del pallone, quest’estate tale funzione ce l’hanno Olanda e Portogallo: hanno incassato dalle cessioni il 60-70% in più di quel che finora hanno speso, negli anni precedenti questa differenza era perfino più marcata. Parlando di cifre complessivamente ben più basse, è il “mestiere” dei campionati dell’Est Europa: gli introiti da cessione di giocatori sono state in questi ultimi due mesi in genere il triplo rispetto alle spese, addirittura per il campionato serbo sei volte di più. Un caso a parte sono il campionato del Qatar e quello degli Emirati: il primo ha speso più di 100 milioni per acquistare giocatori in poche settimane e non ha venduto all’estero nessuno, il secondo ne ha messi sul tavolo 25 e ha intascato qualche spicciolo per cessioni.
L’attenzione alle cifre del calciomercato degli ultimi dieci anni mette in luce qualcosa che non mi aspettavo: colpa mia che avevo creduto al grido di dolore di quanti si stracciavano le vesti perché la serie A italiana non aveva la potenza economica per reggere il confronto con le altre realtà nel resto del globo: miracolo che nei mesi scorsi un nutrito lotto di squadre italiane abbia avanzato nelle coppe, salvo poi non conquistarne nessuna. Non mi sarei immaginato di riscontrare che, eccettuato la Premier League inglese (che è un mondo a parte), in nessun altro campionato del mondo dal 2014-15 a oggi si sia speso così tanto per l’acquisto di campioni più o meno sedicenti: quasi nove miliardi e mezzo (a fronte di 8,34 miliardi di cessioni). Con un “rosso” per 1,13 miliardi. In questo sprofondo dell’equilibrio fra vendite e acquisti ci superano solo, Inghilterra a parte ovviamente (meno 10,2 miliardi), solo la Super League cinese (meno 1,26 miliardi) e la Saudi Pro League (meno 1,28 miliardi, quasi tutti quest’estate). La Liga spagnola, la Bundesliga tedesca e la Ligue 1 francese sono incredibilmente più parsimoniose (fra 5,6 e quasi sette miliardi), ma soprattutto o riducono il “rosso” a meno del 10% o, è il caso francese, risultano in attivo nonostante le follie del Psg.
Anche mettendo nel conto il fatto che la serie B italiana ha gli scambi in attivo per 275 milioni resta una emorragia di poco inferiore al miliardo di euro in dieci anni: difficile da spiegare con i risultati, difficile da tamponare con altri tipi di introiti in modelli di business rimasti troppo tradizionali. Non resta che l’arte tutta nostrana del tarocco: tu chiamale se vuoi plusvalenze. E siamo ottimisti, altrimenti dietro l’angolo c’è solo il dossier degli 007 del G7 che fa le pulci al calcio e ne smonta gli ingranaggi sporchi. Sono sotto gli occhi di tutti, ma se sono per primi i tifosi ad augurarsi di esser finiti in mano a qualche faccendiere che sia uno spregiudicato maneggione…
(Nelle foto dall’alto: la presentazione di Roberto Mancini nuovo selezionatore della nazionale dell’Arabia Saudita, il pallone-ricordo dell’Arabia Saudita ai mondiali in Qatar, Mohamad Salah in una immagine di spalle)
Certo un quadro non esaltante del calcio mondiale.Non me ne intendo ma posso solo dare un giudizio negativo sulle scelte di Mancini.A pensare quanti in queste ore sono nei laboratori alla ricerca di nuovi medicinali o di novità che possano migliorare le condizioni di vita dell’Umanità e che magari percepiscono stipendi modesti,viene da riflettere su una categoria ingorda che certo saprà anche trattare il pallone,ma rappresentano i nuovi mercenari.Grazie e saluti