Some of the stories that I'd like to print (cit. Ochs feat. Zuc)
Tempo per la lettura: 4 minuti
Occhio a non dimenticare i centenari di Ablondi e di Badaloni

LIVORNO. I centenari sono un artificio retorico per aiutare la memoria collettiva a non smarrirsi nella selva oscura di un eterno e infame presente. Non un granché e nemmeno un obbligo assoluto, visto che non è ovviamente sbagliato fare memoria oggi, ad esempio, dell’estro straordinario di Modigliani come della strage di piazza Fontana o della liberazione della città per mano di alleati e partigiani.

Solo che viviamo in un’era in cui si celebra il ventennale di una qualunque band musicale (logico che ci sia, una normale carriera dovrebbe durare meno?) o diventano un culto esoterico da amarcord perfino gli 883, ecco dentro quest’eterno rimuginare su ciò che eravamo vent’anni fa o venti minuti fa, balzerebbe agli occhi se Livorno si dimenticasse che in questo mese di dicembre 2024, a parte il 104° compleanno di Carlo Azeglio Ciampi, si celebrano i centenari della nascita di due figure che hanno contrassegnato la nostra storia: sto parlando del vescovo Alberto Ablondi e del sindaco-prof Nicola Badaloni, nati a pochissimi giorni di distanza in quel 1924 che vede al tempo stesso l’assassinio di Matteotti per mano di una gang di sgherri del Duce, la conquista del Potere per via elettorale da parte del listone fascista e la scarcerazione di Hitler che prepara anche lui l’ascesa. Il 18 dicembre nasce Ablondi e il 21 Badaloni (che, nel groviglio delle date-simbolo, muore alla vigilia dell’anniversario della nascita del partito comunista); sempre il 21 cade un altro anniversario, quello della scomparsa di Gianfranco Merli, parlamentare Dc padre della prima legge anti-inquinamento.

Dovrebbe ricordarli la città

Il riferimento è dunque alle istituzioni (civiche ed ecclesiatiche) più che alla buona volontà di singoli parroci o benemerite associazioni. Ed è un problema che non riguarda solo queste figure di centenari: la “meglio gioventù” degli anni ’20 è stata quella che ha retto Livorno fino agli anni ’70, se pensiamo che ad essa appartengono tutti i sindaci della ricostruzione e di tutta la nostra storia fino a Nannipieri.

Mi rendo conto che è una preoccupazione un po’ da “anziani”. Ma a quest’oggi che ha cancellato pure il tabù della guerra, serve la testimonianza che un altro orizzonte è possibile: niente di meglio di figure che hanno “giocato” nella Premier League mentre a noi amaranto di oggi sembra gran cosa vincere con il Seravezza Pozzi o addirittura sognare di vedersela alla pari nientemeno che con la Pergolettese.

È possibile che il vescovo e il sindaco colgano al volo quantomeno la possibilità di salvarsi in corner con due parole in occasione delle cerimonie degli auguri di fine anno. Per quanto ne so, la diocesi di Livorno ha in animo di dedicare a monsignor Ablondi nel corso della messa che celebrerà il 20 dicembre alle ore 11 nella chiesa di Nostra Dignora di Fatima, rione Corea.

Già da anni c’è l’idea di dedicare ad Ablondi e al rabbino Toaff – protagonisti della costruzione di “ponti” ideali fra culture – il nuovo ponte da realizzare agli ex Tre Ponti: vedremo. Anche se si è registrata una singolare contrarietà: dedicare semmai alle vittime dell’alluvione il nuovo ponte. Curioso che l’ideona sia maturata all’interno del fronte che quelle vittime aveva la responsabilità di evitarle (insieme a chi ha pianificato la cementificazione).

La proposta di Tredici

Anziché la polemica per il gusto di bisticciare, mi sembra utile la proposta saltata fuori da Mario Tredici nel corso della presentazione del suo ultimo libro, quello edito da Mediaprint relativo alla crisi del ’56 a Livorno con le ripercussioni dell’invasione sovietica dell’Ungheria, con la fuoriuscita di Furio Diaz dal Partito comunista, con lo sciopero dei 42 giorni al Cantiere. Dice lui: le istituzioni dovrebbero mettere qualche soldo sulla ricerca storica per incentivare il lavoro di giovani leve che vadano a puntare i riflettori sugli angoli nascosti della nostra storia locale. Aggiunge un amico accademico che ben conosce il suo mondo: per evitare che quell’assegno resti lì e precarizzi ulteriormente i giovani storici, meglio sarebbe se queste cifre incrociassero in qualche modo l’istituzione universitaria così da dare carburante al complesso della carriera di queste nuove generazioni della ricerca invece che lasciar l’effetto fermarsi una volta concluso il periodo.

È proprio nei momenti più difficili che di solito prendono vigore gli approfondimenti sulle proprie radici. Lo sa bene chi ha visto fiorire ricerche e studi giusto là dove il modello di sviluppo economico non ha tenuto fede alle aspettative di allargamento della redistribuzione della ricchezza anche a nuovi territori o a nuovi strati sociali. Ad esempio, in territori di margine come la Sardegna o come la Lunigiana (ricordo qui il compianto Mauro Bertocchi, bibliotecario a Pontremoli, e la cortesia con cui tanti anni fa cercava di rispondere alle mie domande).

Post scriptum del post

Con queste righe un po’ fuori dalle abitudini di questo ripostiglio del web, dove stanno tutt’al più una scopa, un cencio e il bidone dell’umido, dopo un lunghissimo silenzio riparte questo blog. Con un vestitino nuovo, fresco di bucato. Vediamo se riesco a fargli fare un po’ di cammino. Quando si può, come si può.

Per adesso: 1) per ricordare il vescovo Ablondi utilizzo il pezzo che ho scritto per il giornale della Socrem, la società che a Livorno si occupa della cremazione; 2) per ricordare il sindaco Badaloni, ripesco l’articolo che nel gennaio 2005 ho scritto per “Il Tirreno” (“Il sindaco prof che rimise in piedi la città”) in occasione della sua scomparsa a 81 anni.

DALL’ARCHIVIO DEL BLOG

https://ilmediterraneo.blog/2023/03/21/aldo-moro-1-il-vescovo-ablondi-si-offri-per-salvarlo-il-vaticano-contro-paolo-vi-lo-blocco-cosi/

5 Comments

  1. Fiorella cateni ha detto:

    Ci mancavi, ci mancano i tuoi ricordi della nostra Livorno e dei livornesi. Commovente per me il filmato. Grazie

  2. Paolo Fenzi ha detto:

    Mi associo ai ringraziamenti Mauro. Fare memoria è oggi elemento decisivo per cercare un minimo di dare speranza al futuro e in questo sei davvero bravissimo. Toaff e Ablondi due giganti della fine del secolo scorso…Mancano e non poco

  3. Massimo Bianchi ha detto:

    Speriamo che ci sia la memoria ma anche un percorso di ricostruzione storica lontani dalla agiografia.Bravo come sempre.Saluti

  4. Giorgio Zingoni ha detto:

    Quanta verità in queste parole, hai toccato un argomento che pochi conoscono e sono solo gli anziani.
    Bravo Mauro

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potrebbe interessarti

In evidenza

Categorie