In memoria di Giovanni Cadoni

Break nel flusso di queste storie. Mi fermo per l’ultimo abbraccio a Giovanni Cadoni, amico di una vita e prof dai cento talenti fra foto, grafica, musica, performance e chissà cos’altro.

In questi giorni si è fermato per sempre il cuore di Giovanni Cadoni: eravamo amici fin da quando, ragazzini, ci eravamo affacciati alla finestra dell’incomprensibile mondo adulto, e non parlo di me e lui bensì di un “noi” che comprendeva parecchia gente, nata dalle parti del 1960-62 e ora magari, chi più chi meno (e chi moltissimo), ammaccata dagli urti della vita. Faccio uno strappo alla narrazione di questo piccolo blog senza pretese (e lo rifarò per Luigi Vanni, che ho incrociato nella mia vita di cronista e ha chiesto di me negli ultimi giorni).

Racconto di Giovanni, dopo aver passato un pomeriggio a ricordarlo. Non da solo, non piangendo: ma con il sorriso perché tutti quanti in quella stanza dovevamo ringraziare per aver fatto qualche passo insieme a lui.

Racconto di Giovanni ma girando al largo da ricordi troppo personali che non interessano nessuno: mi avrebbe dato una testata se in morte gli scrivessi che era bello era buono era bravo come per una pietà pronto uso buona per tutti i condimenti.

Racconto di Giovanni restando al di qua della commozione, come se dovessi farlo per il mio giornale, anche adesso che non ho più “la carta sotto i piedi”, come diceva un mio vecchio capo. Non posso lasciarlo andare senza metter qui quel che è stato: non per me ma per tutti. Così tutti che forse nemmeno lui se ne accorgeva.

di Mauro Zucchelli

Il “nostro” Giovanni se n’è andato troppo presto a 62 anni: adesso riposa adesso nella pace delle “sue” vette, i familiari ne hanno affidato le ceneri a quell’angolo di Alpi Apuane che lo aveva visto scarpinare tante volte con qualcuna delle persone a lui più vicine. Ai funerali erano presenti i suoi mille mondi così differenti l’uno dall’altro: è come se a ciascuno di essi avesse detto quella sua frase sul «coraggio di essere fragili».

Giovanni Cadoni è stato insegnante in molte scuole, sia fuori Livorno (a Cavalese, a Riva del Garda, a Follonica) che nella nostra città (al liceo Enriques e principalmente al liceo Cecioni): quest’anno invece sarebbe stato in servizio alle scuole Borsi con un progetto di integrazione di alunni stranieri, un’idea che lo aveva coinvolto molto. Nel giorno dell’addio erano presenti studenti che aveva avuto nel ’99, una corona di fiori è arrivata da una classe che aveva avuto nel 2005.

Un gruppo di colleghi ricordano quando al Cecioni era andato a occuparsi della biblioteca: si era impegnato in una mostra dedicata alla lunga storia del liceo attraverso i timbri e, dentro un aspetto burocratico, aveva scovato l’impronta dell’evoluzione della storia. Facendo la revisione dell’inventario della biblioteca della scuola Cadoni aveva scovato un volume in cui, come spiegava lui, «la storia non è nel libro, ma è “il” libro». Risale al ’38, l’ha stampato l’editore Salomone Belforte & C., appartiene al Regio Liceo Scientifico intitolato a Costanzo Ciano («ancora vivente»). A distanza di poche settimane da quando «Guido Belforte viene nominato commendatore dal re e da Mussolini», arrivano le leggi razziali a obbligarlo a «cedere la titolarità dell’azienda, che prenderà il nome di Società Editrice Tirrena». Di più: il prof scoprirà fra i docenti un giovane Cesare Luporini, che sarebbe diventato un gigante nella critica letteraria. Ne nacque una esposizione allestita insieme a un gruppo di studenti. E, al posto delle stelline che ora vanno per la maggiore nel web per i giudizi, – viene sottolineato – aveva ideato un sistema di segnalibri con cui gli studenti lasciavano una valutazione a chi quel tal libro volesse leggere.

Oltre al ruolo da docente, c’è anche il talento del saper fare (nella fase iniziale di internet aveva lavorato alla realizzazione o alla crescita di siti web e i mobili di casa sua se li era costruiti lui). Da aggiungere l’aspetto messo in rilievo da chi era stato al suo fianco nel percorso artistico: don Piergiogio Paolini nelle esequie ha segnalato quando, poco più che ragazzo, Cadoni si inventò il logo che avrebbe contrassegnato il sinodo della Chiesa livornese. Nel musical “Jesus Christ Superstar”, portato nei teatri di tante città, aveva dato corpo e voce a Caifa, il sommo sacerdote che nei vangeli fa condannare Gesù. Poi la sua strada e quella della diocesi si sono fatte più distanti, eppure quel simbolo grafico è talvolta usato ancora oggi a quarant’anni di distanza.

Sul palcoscenico era tornato molte altre volte, per dar sostanza alla passione per la musica: suonava il basso, il piano, la chitarra e la fisarmonica o la ghironda; aveva cantato nel coro Spring Time e nei Garibaldi d’Assalto e anche in formazioni di musica occitana. Sulla scena aveva lavorato a una performance sotto la regia di Virgilio Sieni così come negli spettacoli teatrali allestiti da Francesca Talozzi, l’uno sulla sciagura del Moby Prince e l’altro sulle deportazioni nei lager.

In qualche misura l’estro l’aveva “respirato” in casa: il padre è fra i principali collezionisti italiani di Jacovitti (Cocco Bill, Zorry Kid e simili), il nonno un apprezzato enigmista.

L’attenzione alla cultura visiva aveva portato Giovanni anche a realizzare icone in foglia d’oro e a collaborare con Franco Ferrucci, l’indimenticato editore-libraio di Gaia Scienza, per creare la copertina di alcuni libri. Di recente era più facile trovarlo a caccia di fotografie: da ragazzo s’infilava in camera oscura a stamparsi da solo le foto, adesso “giocava” con le immagini grazie alla grafica digitale per metterne in luce gli aspetti visivi più inconsueti. L’aveva fatto anche per la galleria Extra e per il premio internazionale Combat e nei singolari calendari “fotografici” da far girare fra gli amici.

Basta tutto questo per descrivere che sembrava avesse i talenti di cento vite? Alle esequie hanno suonato “Impressioni di settembre” della Pfm: quante volte da ragazzetti i battibecchi con questo o quel parroco perché non voleva farla suonare alla messa (e aveva ragione lui), idem con “Dolcissima Maria” che volevamo far passare come un inno alla Madonna.

A questo punto ci vorrebbe il link giusto: per favore, Giovanni, lascia in un canto la musica occitana. Avresti preso la chitarra e credo avresti aperto il nostro cuore con Fabrizio De André, “amico fragile” di tutti quanti abbiamo quest’età: forse con “Le acciughe fanno il pallone” (https://youtu.be/C_hgji7rFqA?si=6oisLhAvv41g16On) per quel senso di protezione che questi pescetti cercano tutti insieme; più probabilmente strimpellando quella “Smisurata preghiera” che è un po’ la summa theologica di tante cose così (https://youtu.be/zmDwPwDa6CY?si=qWtac_uNM4rHgoLt). La dice De André, quella dedica così personale: «Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria / Col suo marchio speciale di speciale disperazione / E tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi / Per consegnare alla morte una goccia di splendore / Di umanità di verità». Salto di strofa,  e poi: «Ricorda Signore questi servi disobbedienti / Alle leggi del branco / Non dimenticare il loro volto / Che dopo tanto sbandare / È appena giusto che la fortuna li aiuti».

Non so nemmeno suonare il triangolo, io. Però ascoltami i Pink Floyd, “Wish you were here” (https://youtu.be/84Tq-eAJIk4?si=oS394C95iYx8Xze3)

Così pensi di poter distinguere

il paradiso dall’inferno?

Cieli azzurri dal dolore?

Riesci a distinguere un verde campo

da un freddo binario d’acciaio?

Un sorriso vero da uno falso?

Pensi di farcela?

E ti hanno convinto a barattare

i tuoi eroi per dei fantasmi?

Ceneri ardenti per alberi?

Aria calda per una fresca brezza?

Freddo benessere per un cambiamento?

E hai scambiato

una parte da comparsa in guerra

con un ruolo importante in una gabbia?

Come vorrei, come vorrei che tu fossi qui.

Siamo solo due anime perse

che nuotano in una boccia per i pesci.

Anno dopo anno,

correndo sempre sul solito terreno,

Che cosa abbiamo scoperto?

Le stesse vecchie paure.

Vorrei che tu fossi qui.

(Wish you were here, Pink Floyd)

6 risposte a “In memoria di Giovanni Cadoni”

  1. Avatar lucyluxλουτσια
    lucyluxλουτσια

    Eccellente! Accorato! Realista! Vorrei condividerlo con un gruppo più numeroso, se mi permetti!
    Ps. Matilde e i fratelli lo hanno letto??

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    1. Certo che puoi condividerlo con chi vuoi: come tutti gli altri post. Appena premo il tasto “pubblica” sono di chi li legge (ovviamente facendone un uso corretto): era quel che, nel parco di Pratolino, tanti ma proprio tanti anni fa, ho ascoltato il poeta Silvio Ramat dire che le sue parole erano sue fino al “visto si stampi” in tipografia, poi erano nostre. Comunque, nella piccola community che forse emerge dietro questo testo che non è solo mio, la figlia di Giovanni e i familiari erano la parte essenziale

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  2. Avatar Pardo Fornaciari
    Pardo Fornaciari

    Giovanni è anche stato per tre anni corista e chitarrista del Coro Garibaldi d’Assalto

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    1. L’ho messo, era un bel tassello del suo fare musica dalla ghironda occitana a bella ciao. I cento talenti di Giovanni

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      1. Sì è vero m’era sfuggito – per tutto un periodo fu il nostro chitarrista, per esempio sul palco del Goldoni e quello di Piazza Alimonda, a Genova

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      2. Aggiungo che sono contento che sia stato dei vostri. Si sarà divertito e avrà fatto con voi un bel pezzetto di strada

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