In memoria di Franco Carratori

Noi livornesi siamo in debito con lui, pisanaccio innamorato di Livorno. La mia proposta: le istituzioni, ad esempio il Comune o l’istituto Mascagni, gli dedichino una iniziativa. E’ stato un giornalista musicale che ha conntrassegnato quel memorabile ’89 con i Pink Floyd e Bob Dylan.

Franco Carratori si è spento a 75 anni dopo una lunga malattia: un abbraccio alla moglie Manuela Mariani, dirigente scolastica, e ai figli Gabriele e Silvia. Così l’ho ricordato sul “Tirreno”

di Mauro Zucchelli

Di tutta la mia vita da cronista ci sono poche cose che ricordo con nettezza come il primo pezzo che Franco Carratori mi mandò a fare: Pontremoli, gennaio 1981, un freddo becco e la scoperta dell’antropologia lunigianese, anche grazie a un bibliotecario come Mauro Bertocchi. Il lavoro da cronista non c’entrava niente, bisognava semmai provare a ritrarre un borgo o un territorio.

I temi dell’attualità arriveranno un po’ più in là: la scuola, i movimenti. Un’inchiesta che anticipava come il voto cominciasse a essere “qual piuma al vento”. Qualche puntata sull’eco-disastro di Farmoplant insieme a Nanni Carmilla che oggi non pubblicherebbero così nemmeno sul “manifesto”. Erano gli anni in cui era in ribollire di novità il reparto cultura del “Tirreno” guidato da Federico Buti con Franco vice (più Maria Teresa Giannoni e Cristiana Grasso, collaboratori come Massimo Carboni). Ecco perché l’ultimo abbraccio a Franco è tutto in un “grazie” da sussurrare adesso che se n’è andato dall’altra parte del fiume: se mi sono messo a fare questo mestiere dipende anche da tutti quei giorni in cui gli sono stato fra i piedi.

Ma questa è roba mia e me la vedo io. Il motivo per cui invece è Livorno – forse tutta la Toscana, ma soprattutto Livorno – deve ringraziare quel pisanaccio di Franco, così innamorato di Livorno, è per come in un breve volger di mesi, in anni lontani, è riuscito a trovare il modo, dentro un gruppo di organizzatori che tutti ci avrebbero invidiato, a far vivere a Livorno il sogno di veder suonare qui fra noi i Pink Floyd e Bob Dylan (ma anche l’avventura di Miles Davis in Versilia nel febbraio precedente). Ce l’avevano fatta anche perché Franco aveva spinto il giornale a schierarsi con tutto il suo peso per far scoccare quella scintilla. Non c’è niente di paragonabile adesso a quel tandem di talenti planetari: era l’inizio dell’estate ’89 e di lì a poco sarebbe venuto giù il muro di Berlino.

Era il periodo in cui Franco aveva intravisto uno spazio nella “geografia” del rock: Livorno e la costa avrebbero potuto diventare un punto di riferimento. Poi tutto finì. No, non tutto: c’è stata l’ex “Arezzo Wave” trasmigrata in riva al mare per qualche tempo. C’è stata soprattutto la riscoperta di un poeta come Piero Ciampi, che oggi è patrimonio acquisito del cantautorato made in Italy (e ne vediamo il filo rosso ereditato da Bobo Rondelli): merito di quel “premio Ciampi” che Carratori ha contribuito a far decollare.

La finisco qui anche se ci sarebbero cento storie da raccontare: aveva un talento così sfaccettato da riuscire lui rockettaro doc a infilarsi nella bolgia sanremese per dettare le ultime righe con il nome del vincitore per andare in stampa a notte fonda prima che venisse ufficializzato sul palco, mi auguro che la nostra città trovi il modo di ricordarlo. Magari premiando qualche giovane firma della critica musicale, magari rispolverando qualcosa di quel che di prezioso Franco ha scritto sul nostro giornale.

5 risposte a “In memoria di Franco Carratori”

  1. Avatar Seriacopi Claudio Massimo
    Seriacopi Claudio Massimo

    Grazie Mauro per il tuo lavoro, ritengo importante trasmettere conoscenze anche perché siamo un popolo propenso a dimenticare.

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  2. Il mio ricordo di Franco è vivido. Il nostro rapporto è iniziato con una colazione di lavoro all’allora Arco Vecchio in Zona Ardenza, quando nel ‘92 ero assessore alla Cultura e gli chiesi una collaborazione per un evento su Piero Ciampi. Mi guardò stupito e compiaciuto. Scoprii che ne era un cultore. Fu così che insieme a Massimiliano Mangoni, molto valido, costituimmo un terzetto inossidabile e demmo vita al Premio Ciampi, fino a dedicargli uno spazio suo proprio, attiguo alla Sala Mascagni, quando ero Direttore del Goldoni. Ciao Franco, Marco

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  3. Grazie Mauro… e grazie Franco… Fu lui a segnalarmi come.possibile collaboratore alle pagine cultura

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  4. Grazie come al solito Mauro!
    Non solo Livorno ha la propensione a dimenticare … è un paese intero e forse anche nel mondo siamo soggetti agli stessi destini o forse è semplicemente un’attitudine umana!
    Sarà per questo credo che i nostri partigiani (quelli che sono riuscito a conoscere personalmente e a frequentare ) ci ripetevano come un mantra e un’ossessione, di lavorare sulla memoria collettiva per non dimenticare… e trasmettere alle nuove generazioni gli orrori della guerra e del fascismo.
    Avevano ragione !
    Un saluto molto affettuoso a Marco
    È vero!
    Siete stati un trio inossidabile

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  5. Avatar Salvatore Giosuè Luigi
    Salvatore Giosuè Luigi

    Beh, dimenticare è facile. Importante che ci sia qualcuno che ci ricordi di ricordare soprattutto in modo appassionato, coinvolto e coinvolgente.

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