Sulla scheda per l’Europarlamento il centrosinistra ottiene il miglior risultato degli ultimi 14 anni. Bene anche la sinistra radicale, arretra il fronte di centrodestra (e anche il partito di “detta Giorgia”). È l’ “effetto anti-Meloni”
Correggo: manca poco alle ore 21 e non è stato completato lo spoglio del voto per il sindaco e il consiglio comunale: chiedo scusa, diversamente da quanto annunciato la pubblicazione dell’analisi del voto per Palazzo Civico a Livorno slitta a domattina.
di Mauro Zucchelli
Balza agli occhi una cosa: l’area di consenso ascrivibile al centrosinistra arriva quasi a 48 punti e mezzo (se mettiamo nel conto anche i renziani, che non lo sono nella geografia nazionale ma nel voto municipale sostengono Salvetti: una “maggioranza Luca” parafrasando la “maggioranza Ursula” che ha governato il Vecchio Continente). Eccezion fatta per il ben noto exploit del Pd di Renzi nelle europee di dieci anni fa, bisogna tornare indietro alle regionali del 2010, quando i dem da soli superarono il 55% e due voti su tre andarono al centrosinistra. Ma parliamo di 14 anni fa: l’Inter di Mourinho faceva il triplete, Bersani aveva appena ereditato da Franceschini la guida del Pd nazionale, Berlusconi alle prese con la ridicolizzazione “bunga bunga” e di lì a poco, soprattutto per via dello spread a un passo da quota 600, con le pressioni europee per sbatterlo fuori da uno dei governi del G8…
Per avere una idea: nelle politiche del trionfo di “detta Giorgia” il centrosinistra livornese era al 35,9%, alle europee di cinque anni fa al 41,1%, nel primo round del primo Salvetti al 35%, alle politiche del 2018 perfino sotto il 33%…
Già da solo il Pd recupera otto punti e mezzo rispetto all’ultima volta che eravamo andati al voto, cioè alle urne della svolta a destra dell’inizio autunno di due anni fa. Vale la percentuale ma, come insegnavano nelle vecchie scuole di politica, valgono soprattutto le teste, dunque i numeri assoluti: in questo caso, benché il numero dei votanti sia sceso di altri cinquemila elettori livornesi, i dem con targa “Li” hanno ottenuto che quasi cinquemila persone concrete in più facessero la croce sul loro simbolo. Merito dell’ “effetto Schlein” forse: dopo averla sfottuta (giustamente) per l’armocromista o per quel parlare colto-fumoso, eccola trionfare.
Ok, c’è del vero. Ma soprattutto è l’ “effetto anti-Giorgia”: così com’è accaduto nei round delle primarie dem, sono stati gli elettori del centrosinistra a caricarsi sulle spalle il destino del maggiore partito dell’arcipelago delle sinistre e a risolvere il rebus. Come dire: se nel 2022 il disperato richiamo alle armi dell’antifascismo militante contro l’annunciatissima vittoria delle destre aveva avuto come risultato un’alzata di spalle: uffa, ‘mbè con ‘sta storia delle camicie nere alla conquista in piazza San Pietro. Allora era sembrato che quell’altolà non avesse più presa e fosse finito in soffitta, stavolta c’è stata una ridiscesa in campo da parte di chi teme che il disegno della destra voglia sgangherare la Costituzione antifascista. Basti pensare al trittico di riforme – autonomia differenziata, premierato e giustizia – con cui la destra vuol chiudere con il patto della Resistenza e decretare un nuovo inizio. Tu chiamala se vuoi Terza Repubblica.
Vade retro la tentazione di rituffarsi nella solita analogia con il Ventennio mussoliniano, invito a rileggersi quel che accadeva ai capilega in Emilia o ai sindacalisti operai, ai circoli socialisti o ai preti progressisti a suon di revolverate, botte e olio di ricino. Sta di fatto che, pur in un quadro di pesanti violenze, tanto il fascismo in Italia che il nazismo in Germania in certo qual modo arrivano al potere tramite il voto o comunque senza un colpo di stato. Curioso che Mussolini, che pure aveva i numeri per governare senza troppi affanni (e con parecchi affarucci tipo Sinclair Oil), avesse anch’egli sentito il bisogno di riformare le regole del gioco.
A Livorno nel voto europeo il partito della premier non è andato benissimo: se a livello nazionale è cresciuto rispetto alle elezioni politiche di due anni fa, fra Pian di Rota e Quercianella invece è andato all’indietro. Di poco in percentuale (20,9% contro 21,3%), ma in voti concreti si tratta di oltre 1.400 schede in meno. Forza Italia conferma la stessa percentuale (ma con quasi 170 voti in meno), quasi mezzo punto di arretramento per la Lega (giù al 5,4%, con oltre 600 persone che hanno smesso di votarla). Come nel resto del Paese, a confronto con le europee del 2019 si nota come si siano incrociati i destini di Fratelli d’Italia (ora quasi al 21% e allora al 4,2%) e del Carroccio (ora al 5,4% e allora oltre il 25%).
Per i tre principali partiti della destra non c’è quella crescita che, salvo la batosta di Salvini, si registra altrove: qui nella scheda dell’Europarlamento si vede un ulteriore leggero smottamento (più del 33% nel 2019, sopra il 31% due anni fa, appena oltre il 30% adesso).
Da non dimenticare che a sinistra del Pd riemerge un fronte che ha spesso avuto qui da noi un radicamento per niente trascurabile, si trattasse di formazioni comuniste o variamente ispirate alla sinistra radicale: Verdi-Sinistra insieme alla lista pacifista di Santoro arrivano a un soffio dal 13%: meglio del 10% della precedente tornata europea del 2019 (e al 16% nel primo turno del voto municipale di quell’anno, ma in anni lontani Rifondazione era arrivata a essere il secondo polo della scena politica cittadina).
Fin qui ci siamo limitati a fissare lo sguardo sulla scheda delle europee. Ma se pensiamo di utilizzare questi occhiali per vedere anche l’elezione del sindaco facciamo un errore: se non si supera il 50% c’è il ballottaggio e basta ricordare che nel 2014 i Cinque Stelle erano andati non benissimo (peggiorando l’exploit del debutto nel 2013) ma attorno a Filippo Nogarin, che partiva bassissimo (meno del 20%) con la metà dei voti di Marco Ruggeri, hanno saputo costruire un’alleanza nel segno del “tutti contro il Pd” e l’hanno spuntata. Però questa è la logica del ballottaggio: dal punto di vista invece dell’estensione del consenso, non c’è dubbio che a Livorno il centrosinistra (e anche la sinistra radicale) allargano le proprie radici, quantomeno nell’euro-scheda. Vedremo come.
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