Todaro/2. Il comandante che in mare salvava tutti (anche i nemici, anche in guerra)

Questo è il mio articolo pubblicato sul “Tirreno” nell’agosto 2018: è stata la scintilla per avviare la realizzazione del film sul comandante Todaro interpretato da Pierfrancesco Favino. L’ho scritto poco dopo che l’ammiraglio Pettorino ha rievocato la figura di Todaro alla cerimonia solenne dell’anniversario della fondazione della Guardia Costiera: in rotta di collisione con il governo di centrodestra che vuol impedire i soccorsi ai barconi a rischio affondamento

di Mauro Zucchelli

Nessuna meraviglia se quel giorno del dicembre ’72, nel cimitero livornese della Purificazione, davanti alla tomba del capitano di corvetta Salvatore Bruno Todaro ci sono il comandante dell’Accademia navale, ammiraglio Monacci, o il cappellano don Alberto Fabiani. Strano invece che ci sia quel gruppetto di belgi: strano perché sono venuti a rendere omaggio al comandante nemico del sommergibile che aveva fatto colare a picco nell’Oceano Atlantico la loro nave.

Ancora più strano è però quel che era accaduto trentadue anni prima, agli inizi della seconda guerra mondiale al largo di Madeira. Dopo aver affondato il piroscafo Kabalo che portava materiali per l’aviazione di re Leopoldo III, Todaro se ne infischia del fatto che sono nemici quelli là in mezzo alle onde e va a salvarli. Non una bensì due volte: prima trainando la scialuppa, poi siccome si spezza il cavo prendendo a bordo 26 nemici. E quando li sbarca alle Azzorre, Todaro sventola la bandiera col teschio dei pirati. Solo una beffa? No, e la riprova è la risposta al secondo ufficiale del Kabalo che gli chiede il nome per dire ai suoi quattro figli chi gli ha salvato la vita: Todaro si “nasconde” e dice solo «Salvatore Bruno».

UN AMARCORD PER L’OGGI. Questo flash risale a oltre tre quarti di secolo fa ma non è consegnato alla polvere degli archivi. L’ha dimostrato il numero uno delle Capitanerie di porto, l’ammiraglio ispettore capo Giovanni Pettorino, sotto pressione da mesi perché non ci sta a veder la Guardia Costiera abbandonare al loro destino i migranti dei barconi alla deriva. Alla cerimonia per l’anniversario della fondazione del corpo, fa una lunga parentesi a braccio per raccontare di Todaro. E di come in piena guerra Todaro rispose all’infuriatissimo ammiraglio tedesco Karl Dönitz (un tizio talmente potente da diventare poi comandante della Marina nazista e successore di Hitler negli ultimi giorni del Reich) che gli aveva urlato che la guerra è guerra, mica roba da don Chisciotte: «Siamo marinai, marinai italiani, abbiamo duemila anni di civiltà, e noi queste cose le facciamo», sono le parole di Todaro scandite da Pettorino. E aggiunge: è così che la brillante carriera di comandante di Todaro «è entrata nella leggenda», mito fondativo scolpito nella narrazione che ogni marinaio fa di sé, del mestiere, della vita in mare.

LA FRASE DI TODARO. «Io voglio affondare il ferro (le navi), non le persone». È una frase di Todaro rimasta nel lessico famigliare: parola di Graziella Todaro e di Jasmin Bahrabadi, che del sommergibilista-eroe sono la figlia e una dei nipoti. Entrambe vivono a Livorno così come livornese d’adozione era Todaro, messinese classe 1908 per il certificato di nascita: a Livorno era arrivato a 16 anni per entrare in Accademia navale, a Livorno aveva trovato la donna della sua vita (Rina Anichini), a Livorno ha voluto esser sepolto. A pochi metri dalle tombe di Galeazzo e Costanzo Ciano come della figlia del Duce, ma senza nessuna concessione alla retorica del Ventennio.

Todaro compare anche nel “pantheon” delle figure-esempio che l’Accademia navale mette sotto gli occhi dei futuri comandanti di Marina: singolare che un ufficiale così intellettualmente curioso («leggeva libri di yoga, si occupava di teosofia e psicanalisi») e così poco allineato alla dottrina degli alti comandi («voleva combattere in emersione con i cannoni per una sua etica cavalleresca nell’affrontare il nemico») sia stato guardato con diffidenza dall’istituzione militare ma poi sia stato tramutato in figura-mito da tramandare (intitolandogli nel ’66 una corvetta anti-sommergibile e, pochi anni fa, la classe dei nuovi sommergibili della Marina). Senza contare che sulla vicenda del Kabalo sono stati girati due film (“La grande speranza” di Duilio Coletti nel ’54 e, oltre vent’anni dopo, “Supermarina commissione d’inchiesta speciale SMG” con Orso Maria Guerrini) e compare anche in graffiti nelle caverne sotterranee di Napoli.

GLI ALTRI EPISODI. Dall’album degli amarcord di famiglia salta fuori che quello del Kabalo non è stato l’unico episodio di quel tipo: tre mesi più tardi, alla vigilia della Befana del ’41, al largo delle Canarie gli uomini del comandante livornese affondano il piroscafo armato inglese Shakespeare, anche qui portando in salvo la scialuppa dei naufraghi fino a Capo Verde. Todaro lo rifarà anche con il piroscafo armato Eumaeus: l’hanno però trasformato in incrociatore ausiliario e nessuno sa che trasporta quasi tremila militari. Impossibile pensare di fare il tris e salvare i naufraghi: «E’ lì, di fronte a quella carneficina, che dentro di lui si è spezzato qualcosa», raccontano figlia e nipote riportando racconti ascoltati tante volte in famiglia: colpa della guerra che, manifestandosi in tutta la sua atrocità omicida, non è più il combattimento cavalleresco in cui credeva Todaro? colpa della morte di tanti suoi uomini, compreso il suo secondo ufficiale, Danilo Stiepovich? Fatto sta che poche ore prima di morire mitragliato da uno Spitfire, scrive a un amico: «Penso che il mio posto sia con i miei marinai». Allude a quelli che riposano per sempre laggiù sul fondo dell’oceano.

«ERA UNO SPIRITO LIBERO». Sia chiaro, Todaro era al comando di un sommergibile in piena guerra, non di una ong o di una missione di Emergency: e l’ultimo pezzo di carriera sarà nella Decima Mas, l’unità speciale della Marina guidata dal suo compagno di corso Junio Valerio Borghese, poi anima nera del golpismo fascista anni ’70. Però, benché dentro le logiche del regime, la Marina è stata legata più ai Savoia che ai fascisti. «Mio padre – dice la figlia Graziella – era una intelligenza libera, al di sopra della politica: ha lasciato uno spirito che vive nelle successive generazioni di marinai e ha lasciato il senso di umanità di cui parla l’ammiraglio Pettorino». Anche perché, come dice la nipote, «mio nonno aveva fatto del mare la vita e sapeva che il mare è anche pericolo e il rispetto l’ha dimostrato perfino in combattimento. Oggi invece sembra che il mare sia una pacchia, solo love boat e traghetti per l’Elba». (Il Tirreno, 22 agosto 2018)

Nelle foto: sotto il titolo il dipinto di Marc Sardelli dedicato al comandante Todaro, più in basso un ritratto di Salvatore Todaro, il libro di Sandro Veronesi e Edoardo De Angelis, l’articolo pubblicato sul “Tirreno”

Dopo la pubblicazione del post, il musicologo Fulvio Venturi mi ha inviato tramite contatto privato un ricordo personale che qui, su sua indicazione, trascrivo.

Un giorno accompagnai un amico al cimitero della Purificazione perché aveva da fare con la tomba di famiglia. Mentre lui era in ufficio io feci un giro e mi trovai casualmente nel campo dove lui è sepolto. Feci qualche passo e ad un tratto sentii una voce secca, come un comando. “Voltati!”. Mi voltai e mi trovai davanti alla tomba di Todaro. Dico la verità, il fatto mi turbò un po’. Passa del tempo e ad una cena in casa di amici mi presentano un ex ufficiale di marina persiano. Parlammo un po’ e lui mi disse che il padre di sua moglie era stato un eroe di guerra, Salvatore Todaro. Rimasi sorpreso e gli dissi che cosa mi era accaduto. Chiamò la moglie e le disse, senti questo signore. Io ripetei il mio breve racconto. E la signora, senza sorpresa, mi disse delle capacità medianiche del padre il quale aveva predetto che sarebbe morto in mare, ma nel sonno (vero) e che molto spesso i colleghi si rivolgevano a lui per avere lumi sul loro destino

2 risposte a “Todaro/2. Il comandante che in mare salvava tutti (anche i nemici, anche in guerra)”

  1. […] per filo e per segno nel pezzo che ho pubblicato sul “Tirreno”: lo metto qui come link (https://ilmediterraneo.blog/2023/10/29/todaro-2-il-comandante-che-in-mare-salvava-tutti-anche-i-nemi&#8230😉 per chi volesse dare un’occhiata a una storia di guerra in questi tempi infami in cui c’è il […]

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  2. Avatar Massimo Bianchi
    Massimo Bianchi

    Una bella storia che rende onore a quanti hanno combattuto con coraggio e dignità una guerra non voluta ,malamente condotta dai responsabili delle nostre forze armate,che tanti lutti ha provocato alla nostra Patria.Ti rende donore aver scritto su una eroica e cavalleresca figura di comandante e marinaio.
    Grazie .
    Ps:l’Ammiraglio della celebrazione era Monassi ,una figura eccezionale di Comandante ,che ho avuto ri conoscere quando ero molto più giovane .

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